1973 Gaio Fratini

 

I quadri di Duccio Guidotti inventano accaniti squarci passionali nella fastosa cadenza scenografica d'una fossile civiltà Umbro-Toscana. Invitata a cena (sul Lago di Bolsena) con i suoi cherubini, la Madonna del Pinturicchio è pronta a regredire fino all'empietà delle più usuali abitudini domestiche: ecco che scopre il ferro da stiro, gli operai e gli executives che giocano a briscola e a poker, ìl pentagramrna delle incestuose" antenne televisive, e un labirinto senza mai uscita, fatto di piazze cieche e di alberi pietrificati.

Dall'ultimo piano di una fabbrica di Ectoplasmi audiovisivi. l'autore insiste ad affacciarsi su una megalopoli informe.

Una Roma babelica dove colori e assonanze sembrano partecipare a una confusa sublimazione di eventi  ognora  trascorsi: acque e cieli si equivalgono, paesaggi e figure non hanno esiti, tutto è bruciato in un tempo immobile.

Una pittura, questa di Duccio Guidotti, ricca di suggestioni crepuscolari ma il  cui corpo riesce molto spesso a trasmigrare, recando con sé iridescenti bisticci di immagini familiari. A muovere i suoi pennelli è un soffio di fissazione letteraria, di smaliziata superstizione tecnica, di forsennato decoro borghese. Attaccare un suo quadro alla parete significherà dunque l'incontro con" un mondo di ideali finalmente

perduti? Significherà davvero il sogno di aprire un arguto sipario" RINASCIMENTALE" su tutte queste nobili miserie del nostro vivere quotidiano?